trans
La Fame Bianca


21.04.2025 |
999 |
3
"Lo so, i loro occhi non mentono mai..."
Lo specchio del bagno rifletteva la mia immagine con la crudeltà di chi sa la verità. Katia non è solo il mio nome, è la mia fame, la mia vocazione. Il vapore ancora scivolava sui vetri e le labbra lucide di gloss sembravano chiedere carezze, attenzioni, desideri.Mi accarezzo lentamente il collo, poi la gola, poi scendo. Ogni gesto è una danza, ogni gesto è un invito. Lo so, i loro occhi non mentono mai. Quando cammino, quando parlo, quando li guardo dritti dentro, so già cosa vogliono da me. Ma io voglio qualcosa di più.
È il gusto che cerco. La consistenza. Il calore. Quella resa finale che fa crollare anche l’uomo più duro e mi lascia sazia, eppure mai abbastanza.
Episodio I: Il garage segreto
Era un venerdì sera. Milano era una tela bagnata di luci e pioggia, e io mi muovevo tra le ombre come una promessa. Avevo ricevuto un messaggio criptico sul telefono.
“Vieni alle 22, parcheggio sotto Porta Romana. Sarai la nostra regina.”
Non serviva sapere altro.
Arrivai con un trench stretto, nulla sotto tranne calze autoreggenti e un body in tulle trasparente. Tacchi alti, occhi truccati come una spia degli anni Sessanta. Lì, sotto le luci giallastre del garage, cinque uomini mi aspettavano. Diversi tra loro, uno in giacca, uno in tuta, uno con l’aria timida, ma tutti avevano la stessa tensione negli occhi.
Non dissi nulla. Mi bastò sciogliere il nodo del trench e lasciarlo cadere a terra.
Come cani a cui si è aperta la gabbia, mi circondarono. Le loro mani tremavano, i respiri si facevano profondi. Io ero al centro, inginocchiata sul cemento ancora umido, i miei occhi lucidi di desiderio.
Uno dopo l’altro, li sentii avvicinarsi. Le cinture che si slacciavano. Le mani nei miei capelli. Le dita che mi sfioravano le labbra.
Il primo esplose appena mi sfiorò la lingua. Il secondo si trattenne un istante, poi mi bagnò il collo, la guancia. Il terzo si prese più tempo, mi guardava fisso mentre si abbandonava su di me, lasciando rivoli caldi che colavano lentamente giù per il mio seno.
Li accolsi tutti con una fame che avevo da giorni. Un bacio, una carezza, un gemito. Il loro seme era la mia benedizione. E mentre il quinto si avvicinava, tremante e incredulo, io gli sussurrai con un filo di voce,
“Non trattenerti. Voglio sentire che sono vostra.”
Episodio II: La stanza 304
Il secondo episodio avvenne in un hotel di design, uno di quelli troppo chic per certe cose, ed è proprio per questo che lo scelsi. Un invito anonimo su Instagram, una foto del mio corpo nudo coperto solo da una benda nera sugli occhi e la promessa,
“Porta tre amici, sarete i miei artisti.”
Quando bussarono alla porta della 304, ero già sul letto, le gambe divaricate, una coperta di seta rossa a coprirmi parzialmente.
Entrarono in silenzio. Tutto era ovattato, sensuale, irreale. Nessuna parola. Solo mani che mi esploravano, respiri trattenuti, dita che saggiano la pelle.
Mi inginocchiarono al centro del letto. E poi cominciò la loro opera.
Li sentivo muoversi attorno a me. Qualcuno mi accarezzava i fianchi, un altro sfiorava la mia schiena con la punta del membro già turgido. Il terzo mi prese il mento e mi baciò, lasciando il gusto amaro del desiderio sulle mie labbra.
Non chiesi, non parlai. Aprii la bocca e accolsi.
Il primo mi bagnò lentamente, godendo della mia sottomissione fiera. Il secondo venne più lontano, lasciandomi sentire il piacere del contrasto, il caldo che colava sul mio petto e il fresco della seta sotto di me.
Il terzo mi sorprese. Mi afferrò per i fianchi, mi guardò negli occhi e, con un sussurro rauco, disse,
“Tu non sei un corpo. Sei un rito.”
E si lasciò andare proprio lì, sul mio ventre, mentre il suo sguardo si scioglieva nel mio.
Quando rimasi sola, coperta di piacere e silenzio, mi sdraiai sul letto e chiusi gli occhi. Sentivo il loro seme ancora caldo sulla pelle, come un inchiostro sacro. Il cuore batteva lento, profondo, e dentro di me sapevo che quella fame, per ora, era sazia.
Ma non per sempre.
Perché io sono Katia. E io vivo per questo. Per il gusto, per la resa, per la devozione che scivola sulla pelle e che nessuno osa confessare.
Ma io sì. Io lo vivo. Lo cerco. Lo chiedo.
E loro lo sanno. Sempre.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore.
Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Commenti per La Fame Bianca:
